sabato 25 marzo 2017

Da Runner a Jogger


Ho iniziato a correre con la scusa di voler perdere peso, come è accaduto a molti quarantenni, poi ne ho trovato giovamento anche per smettere di fumare. Quindi ho perseverato per aiutarmi a rimanere in forma e lontano dalle sigarette...ma poi, più che altro sono diventato fortemente dipendente, drogato di corsa. Così mi sono ritrovato ad inseguire degli obiettivi. Dapprima il "moribondo" (10 km in meno di 1 ora) poi tra la mezza maratona, la maratona e i record personali, non si finirebbe mai. Tuttora, sono consapevole di avere in mente l'ambizione di fare il mio record sulla maratona entro la fine dell'anno. In realtà, da che ho compreso questa nuova forma di schiavitù, ho iniziato anche a desiderare di liberarmene. Ma inizialmente la ho assecondata piuttosto, giocando a fare la vita dell'atleta a tempo pieno, lavoro a parte, avvalendomi anche della consulenza di noti personal trainer, curando costantemente ogni singolo aspetto dalla gestione degli allenamenti alla dieta. 
Adesso invece, torna a farsi sentire forte l'esigenza di provare a gestire la questione in assoluta libertà.


Un percorso al rovescio rispetto a quello che generalmente accade a chi si approccia alla corsa. Da runner a jogger! Da strutturato perfettista con l'ossessione del giusto allenamento in tabella, giorno per giorno, ciclo per ciclo, di gara in gara, a consapevole e maturo utilizzatore di uno strumento prezioso, la corsa, come ausilio per il raggiungimento di uno stato di benessere reale, quotidiano e pervasivo, in libertà e flessibilità. Volesse il cielo che fosse la volta buona e mi riuscisse davvero di iniziare a correre quando e quanto mi va, da solo o in compagnia a seconda di come richiedo, lento o forte a gradimento in base alle mie sensazioni. E se oggi non mi va? Semplice, riposo e senza pensieri. Che bellezza! Spero che sia vero, stavolta... anche se è più probabile che si tratti di un abbaglio causato dal solito accumulo di stanchezza.



sabato 11 marzo 2017

Il culto di Lydiard


Ho avuto modo di constatare che il runner amatore in genere tende a correre gli allenamenti di fondo lento ad una velocità superiore rispetto a quella della sua zona aerobica. Ho riscontrato questo per primo concentrandomi su quello che facevo io, trovando in seguito ampie conferme anche sul resto del mondo degli amatori. I motivi sono diversi e trovo che siano egregiamente descritti in testi famosi come "80/20 running" di Matt Fitzgerald o i libri di Philiph Maffetone. Ad ogni modo, questa scoperta, come accennato in precedenza, ha scatenato in me una vera e propria "rivoluzione" nell'approccio alla corsa, risvegliando sopiti propositi di crescita intellettuale oltre ad innescare la ricerca di un nuovo record personale nella maratona. Così ho iniziato a curare nel dettaglio la preparazione della mia prossima gara di 42 km prevista per Ottobre in occasione del trentennale della Maratona d'Italia. Prepararsi in largo anticipo ad un evento come questo significa prima di tutto trovarsi a dover organizzare le fasi di allenamento in periodi. E quando in questo ambito parliamo di periodizzazione non possiamo non pensare ad un nome su tutti, Arthur Lydiard, ovvero il neozelandese allenatore di campioni olimpici degli anni 60 nonchè inventore della famosissima "piramide".


Nella prima metà di Marzo mi trovo già ad aver percorso 700 km in questo 2017, praticamente tutti in piena zona aerobica. La chiave che mi ha permesso di adeguarmi alle andature lente da sollecitare il sistema aerobico senza stimoli anaerobici, è stata l'utilizzo a questo scopo del cardiofrequenzimetro. Il 75% della frequenza cardiaca massima rappresenta una soglia di lavoro ampiamente riconosciuta ed utilizzata in studi scientifici per definire intensità di allenamento sicuramente in zona aerobica. Per cui ho cercato di tenermi sempre al di sotto di questo cut off arrivando ad uscite della lunghezza fino a 2 ore e 30' e con percorrenze medie settimanali intorno agli 80 km (50 miglia). Ho anche constatato che per il momento oltrepassare quel volume settimanale mi comporta un eccesso di stanchezza associato a vari fastidi a legamenti e tendini, per cui ho deciso di consolidare quel livello di lavoro piuttosto che incrementare ulteriormente i km. A fine Aprile inizia il conto alla rovescia di 24 settimane all'evento. Periodo canonico per la strutturazione di un programma incrementale della forma (peaking) completo per una maratona da top runner. Ed è lì, che la mole dei miei studi negli ultimi mesi ha aperto il campo all'ispirazione di utilizzare un programma nuovo, ovvero "vecchio" perchè riproduce principi di allenamento molto in voga una sessantina di anni fa. Così ho acquistato per 100$ una tabella online sul sito della Lydiard foundation. 


Ho dunque approfondito la conoscenza della struttura di quegli allenamenti che non conoscevo e che nel programma ricorrono frequentemente, come: farlek a sensazione, sessioni di corsa media strutturate in "andata e ritorno", ripetute a piacere e sprint di 100 metri nel mese prima della maratona! Devo riconoscere di essere rimasto alquanto intrigato da questo sistema e dalla cura con cui appare sviluppato che emerge soprattutto quando lo si studia in profondità. Ho anche iniziato ad allacciarmi le scarpe con lo schema ideato dal "padre del jogging", tant'è che qualcuno potrebbe pensare che sono caduto preda del culto di Lydiard... Ma tra tutte queste belle novità, c'è anche qualcosa che non mi torna o per lo meno che mi lascia perplesso, dubbioso e in qualche modo mi toglie la certezza di riuscire veramente ad affidarmi a questo programma. I lughissimi, ciò che comunemente siamo abituati a considerare l'allenamento principale per la maratona insieme ai medi a ritmo gara, hanno una durata e una tempistica rispetto alla data della gara che mi induce uno stato d'ansia che ancora non ho saputo bilanciare. In parole povere, le uscite di corsa lunga più consistenti mi appaiono comunque troppo corte rispetto a quelle classiche, ma sopratutto eccessivamente distanti dalla gara. Per me che ero abituato a considerare come un rituale irrinunciabile l'ultimo lunghissimo di 35-37 km a 3-4 settimane dalla maratona, trovarmi a dover correre al massimo 2 ore e 30' a 6 settimane dalla gara, suona alquanto strano e mi rende diffidente. A pensarci bene, un po come se diceste ad un podista che correre più piano in allenamento lo farà andare più forte in gara.




domenica 19 febbraio 2017

Rivoluzione aerobica


Sono andato in overtraining perchè ho sovraccaricato il mio organismo con eccessivi e reiterati stimoli stressanti. Dopo 6 mesi di divano e sigarette, ho rimesso le scarpe da running agli inizi di Giugno 2016. Mi sono quindi ritrovato inaspettatamente in Ottobre,  nell'arco temporale di 1 mese, a correre 
la maratona di Carpi, dove ho fatto il mio personale (3h17'), una gara di 30 km a 4'30/km e la maratona di New York (in cui ho tenuto un passo medio di 4'30"/km fino al km 32 prima di sbattere contro il "muro"). Lo sforzo per riuscire ad arrivare comunque al traguardo di Central Park senza mai fermarmi a camminare, è stato uno dei più grandi stress psico-fisici che io ricordi da quando ho iniziato a fare sport. 


Una volta tornato in Italia, nonostante la stanchezza che gia cominciavo a palpare, non sono riuscito a fermarmi. Dopo un ulteriore mese di duri allenamenti ho voluto provare a dare tutto in una gara di 10 km vicino casa (Corri a Salviano), conclusa con oltre 1 minuto di ritardo rispetto ad una mia precedente partecipazione (2014). 


A quel punto è diventato più difficile ignorare che il mio corpo e la mia mente necessitassero con urgenza di riposo e rigenerazione. Ho rinunciato così alla mia partecipazione alla maratona di Pisa, ma ancora credevo di poter preparare una gara di 10 km per febbraio (Portofino run). Perchè fosse chiaro una volta per tutte che mi dovevo fermare, sono state necessarie un paio di uscite di gruppo sulla salita lunga ed impegnativa del "Poggio Pelato"(collinetta della mia zona) e una drammatica sessione di ripetute da 1000 metri in cui a stento sono riuscito a tenere il passo che fino ad 1 mese prima sostenevo per 30 km almeno. In aggiunta manifestavo stanchezza cronica, craving per i dolci, difficoltà a perdere peso, inibizione della libido, insonnia...È in quel periodo che ho cominciato ad interessarmi al sistema di allenamento cardiocentrico. L'argomento mi ha incuriosito e stimolato ed ho iniziato a procurarmi materiale ed a studiare. 


Trai libri che ho letto, mi ha colpito particolarmente "Lore of Running" di Tim Noakes, che a mio parere merita la fama attribuitagli di "Bibbia" del running, e "The Big Book of Endurance Training and Racing" di Philip Maffetone, incentrato sull'importanza della costruzione aerobica di base mediante grandi volumi di corsa ad intensità molto bassa con l'utilizzo del cardiofrequenzimetro. Nel frattempo ho cominciato a seguire un programma cardiocentrico sul quale sono incappato navigando su internet e che mi ha intrigato particolarmente. In sostanza ho appreso di essere carente dal punto di vista aerobico nonostante abbia corso 8 maratone, e di essermi quasi sempre appoggiato ai meccanismi anaerobici nei miei allenamenti e nelle mie gare. Quindi dovrei potermi giovare di un lungo periodo di corse mirate a costruire una solida base aerobica. Così dai primi di gennaio 2017 ad oggi (19 Febbraio) ho gia percorso più di 500 km ad andature rigorosamente scandite da percentuali della frequenza cardiaca massima per lo più inferiori al 75%. In aggiunta, come parte di un approccio olistico, ho modulato la mia alimentazione riducendo l'assunzione degli zuccheri a favore dei grassi. E questo per stimolare cambiamenti metabolici nel lungo periodo rappresentati essenzialmente da una maggiore efficienza di utilizzo dei grassi a scopo energetico all'interno dei muscoli coinvolti nella corsa. E gia vedo i primi riscontri positivi essendo calato di 4 kg da inizio anno.


Tutto questo per una sfida in programma: la maratona di Carpi ad Ottobre 2017. E farò in modo da tenermi anche disciplinatamente alla larga da uscite di gruppo, cene sociali e gare per ottimizzare gli adattamenti organici che ricerco. Senza ombra di dubbio si tratta di un sistema di allenamento e di vita solitario. Ma forse è un periodo della vita in cui ne sento il bisogno, dal momento che mi risulta così facile.


mercoledì 15 febbraio 2017

Un soldatino legato a un palloncino


Eccoci al primo infortunio dell'anno! Domenica era una splendida giornata e la mattina sul lungomare si respirava a meraviglia. Ero appena partito per la mia prevista sessione di jogging da un'ora, a metà tra l'arrabbiato ed il curioso ponendo attenzione al funzionamento del mio cardiofrequenzimetro, che tanto mi aveva fatto penare nelle uscite precedenti. Si perchè dall'ultima volta che ho scritto ho cambiato metodo di allenamento. Ora mi alleno in modo cardiocentrico seguendo un programma particolare di cui forse parlerò meglio in seguito. Mi sono bastati giusto i primi 800 metri per rendermi conto che anche stavolta i dati della frequenza non erano affidabili. Ma ero riuscito a scegliere di non prendermela troppo, pensando a godermi la bella mattinata correndo a sensazione...una buca lungo la strada e crac!! Una storta micidiale! Cado a terra e ci rimango alcuni minuti, urlando dal dolore, proprio come i calciatori in tv quando sembra che accentuino gli effetti di un fallo traumatico. La gente accorsa si interroga se chiamare il 118. "No, no", dico io, "non è nulla". E a momenti perdo i sensi dal dolore. Quando finalmente mi rialzo, mi gira ancora la testa. Mi avvio piano piano verso casa, con un pessimo stato d'animo nel cuore. Passato il capogiro però, visto che non avvertivo particolari dolori, non sono riuscito a rinunciare alla mia uscita ed ho ripreso a correre da dove mi ero fermato. Tanto poi chissa quanto dovrò stare fermo...mi dicevo. Una volta a casa, prima di lavarmi, scatto una foto alla caviglia e immergo la parte nel ghiaccio. 


Il giorno dopo non c'è quasi più nulla, ho poco dolore e lavoro tutto il giorno; ne approfitto per una giornata di riposo. Al martedì invece, visto che tutto sembra quasi a posto, esco per la mia corsa media come da programma, come non fosse successo niente. Solo in serata, dopo essere stato a fare due chiacchere con un collega ortopedico nella sala gessi del mio ospedale, apprendo che quel "mezzo uovo" di piccione che si vede nella foto al di sotto del mio malleolo esterno, si chiama segno di Robert-Jaspert. Ovvero lo stravaso di sangue causato dalla rottura dell'arteriola che decorre proprio sopra al legamento peroneo-astragalico anteriore.


Lui ci ha fatto la tesi, dice. È riportato trai segni tipici che si associano alla rottura del legamento succitato. Ma senti che bello! Ed ora?! Potrà questo influire negativamente nel mio inseguimento alla maratona della gloria? Proprio quel piede che presentava già un accentuato grado di iperpronazione...Mi torna in mente l'inconsapevole sadismo del collega che mi invitava a constatare con il mio dito indice l'assenza del legamento paragonandolo con la caviglia dell'altro lato. E trascorro una notte agitata dagli incubi. Questa mattina invece c'è un bel sole, e qualcosa in me deve essere sedimentato in un modo o in un altro, come sempre mai in maniera completa. Come quella volta che avevo tre anni e mia nonna legò ad un palloncino di elio uno dei soldatini numerati che componevano l'equipaggio di un camioncino giocattolo da guerra. Trovo triste per quanto inevitabile, dover ancora constatare che perdiamo pezzi per strada. Non ho mai avuto il buon senso di riuscire a fermarmi ad aspettare, io bisogna che mi muova sempre.